Si dice che tre sia il numero perfetto. È forse per questo che Carlo di Borbone decise di far costruire oltre al palazzo di Capodimonte e alla Reggia di Caserta, il Palazzo Reale di Portici. Il sovrano scelse la costiera vesuviana dopo essere stato invitato, dal principe di Elboeuf Emanuele Maurizio di Lorena, a trascorrere una giornata nel suo palazzo di Portici. Quest’area si popolò ulteriormente dopo la costruzione della nuova Reggia poiché, essendo insufficiente a ospitare tutta la corte, molte famiglie aristocratiche fecero costruire splendide abitazioni nella zona circostante dando così vita alle Ville Vesuviane.

I lavori, iniziati nel 1738, furono commissionati prima a Giovanni Antonio Medrano e in seguito ad Antonio Canevari. Parteciparono alla realizzazione della struttura anche Ferdinando Fuga, autore del Palazzo dei Poveri, e Luigi Vanvitelli, ideatore della celebre Reggia casertana. La sistemazione del parco fu affidata a Francesco Geri, giardiniere maggiore di Sua Maestà. Le sculture e le statue, collocate all’esterno, furono invece realizzate da Joseph Canart. Aldilà del giardino si estendeva poi un bosco in cui i nobili di corte potevano svagarsi con il “gioco del pallone” o il “gioco delle fortificazioni”.

Il terreno scelto inizialmente da re Carlo era in parte occupato da precedenti costruzioni, come la villa del conte di Palena e quella del principe di Santobuono, che furono acquistate e inglobate nel progetto reale. Così facendo il sovrano ebbe un vastissimo terreno che si estendeva verso il Vesuvio e che fu recintato e popolato di selvaggina, mentre sul mare sorgevano grandi vivai per la pesca. Verso il 1750 l’edificio ospitò preziosi reperti provenienti dagli scavi di Ercolano e Pompei, iniziati da poco.

Durante la rivoluzione napoletana del 1799, la Reggia fu abbandonata e spogliata di numerose opere. Successivamente, nel periodo francese, Giuseppe Bonaparte ordinò il trasferimento delle antichità rimanenti nel Museo di Napoli. Fu Gioacchino Murat ad arredare nuovamente il Palazzo Reale. E con Ferdinando II di Borbone, la Reggia fu valorizzata dalla nascita della ferrovia Napoli-Portici. Nel 1872 fu aggiunto al complesso anche un orto botanico composto da due ampi giardini che coprivano una superficie di circa 9mila metri quadri. Includevano serre, vivai e laboratori per lo studio e la coltivazione sia di specie botaniche rare che di piante curative.

L’edificio, a tre piani, ha una forma quadrangolare, mentre il cortile è di figura ottagonale. Quest’ultimo è attraversato dall’antica strada regia delle Calabrie, attualmente viale Università. Sul lato sinistro ci sono la Caserma delle Guardie Reali e la cappella Palatina del 1749. Entrando nella Reggia si sale un maestoso scalone, lungo il quale in alcune nicchie si possono ammirare statue provenienti dagli scavi di Ercolano. Al primo piano vi sono la Sala delle Guardie, la Sala del Trono, un gabinetto Luigi XV e un altro cinese, entrambi con pavimentazione proveniente da Ercolano.

Salottino di porcellana di Maria Amalia

Particolarmente interessante il boudoir della regina Maria Amalia, salottino di porcellana esempio dell’eccellente lavoro svolto all’epoca dalla Fabbrica delle Porcellane di Capodimonte. Il parco, composto da giardini all’inglese, è invece caratterizzato dalla Fontana delle Sirene, dal Chiosco di re Carlo con un tavolino con mosaico e un anfiteatro a tre ordini di scale. Oggi la Reggia ospita la sede della facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Fonti: Giancarlo Alisio, “Urbanistica napoletana del Settecento”, Bari, Dedalo, 1993