In merito alla scoperta delle statue della Grotta Azzurra la prima scoperta datata 1963 fu fatta dal sub Gennaro Alberino detto Gennarino che confidò all’amico avvocato Umberto Vuotto subacqueo per passione, di aver scoperto sui fondali della Grotta una statua Certamente di epoca romana. I due, coinvolto anche il loro amico Nunzio Esposito Detto Caciotta, cominciarono nei giorni seguenti ad eseguire numerose immersioni ed effettivamente alla profondità di circa 22 metri quasi al centro della Grotta in una zona dove vi erano Grossi Massi alla luce delle torce notarono una figura quasi umana con busto e testa e parte delle braccia, ma senza gambe. Dopo qualche giorno i tre amici scoprirono che addirittura le statue erano due. Poiché si trattava di reperti archeologici, era loro dovere effettuare la dichiarazione del ritrovamento, corredata di fotografie, alle autorità, per poi avere diritto al “premio” per il ritrovamento. Ma, non avendo la necessaria attrezzatura, si perse del tempo prezioso, tanto che la notizia Comunque si divulgò e la denuncia della scoperta, corredata con le relative foto, venne fatta alla capitaneria di Capri da due famosi subacquei della rivista Mondo Sommerso Ranieri Maltini e Piero Solaini, ai quali spettò il premio. Ai tre subacquei capresi forse un rimborso per la partecipazione alle operazioni di recupero che furono curate e coordinate insieme ai sub della Guardia di Finanza di Napoli.
Le operazioni del recupero si presentarono difficoltose dovendo prima procedere al distacco delle statue dalla roccia calcarea alla quale le stesse si erano ancorate, senza arrecare danni, cominciando prima a dragare la sabbia con la “sorbona” e poi, con estrema cautela utilizzando lo scalpello per rimuovere le incrostazioni. Dopo che le statue furono liberate sorse il problema di come portarle in superficie, in quanto all’epoca non si era ancora muniti di “palloni” che gonfiati ad aria potessero sollevare le statue il problema fu risolto Grazie all’idea di uno dei battellieri Costanzo Alberino detto “Al Capone”, il quale all’interno della Grotta Azzurra, fece riempire d’acqua una delle tipiche barchette che traghettano all’interno i turisti. Una volta che la stessa si trovò sotto il pelo dell’acqua, le furono attaccate, una alla volta le statue. Appena la barca fu svuotata dall’acqua, essa si sollevò e, nel sollevarsi le statue si staccarono dal fondo. Poi la barchetta fu spinta all’esterno ed alla statua, così rimasta sollevata, furono attaccate altre robuste cime passate attraverso la più larga apertura sommersa e collegate ad una delle barche dei motoscafisti. A questo punto, le statue, liberate Dalla vecchia imbracatura , furono spinte, sempre immerse, all’esterno della Grotta.
Le statue, troppo pesanti, non furono issate sulla barca, ma sempre attaccate al motoscafo. Ancora immerse, furono portate lentamente al porto di Capri dove li attendeva una nave cisterna che, con il suo potente verricello, le sollevò facendole emergere, dopo circa 2000 anni, davanti a centinaia di persone accorse a Marina Grande con grande emozione di tutti. Caricate poi sul cassone di un camioncino, furono portate in corteo in Piazzetta, dove una grande folla di capresi e turisti salutò festosa l’eccezionale ritrovamento. In seguito alla scoperta delle statue nella Grotta Azzurra si cominciò a parlare per la prima volta di un Ninfeo attribuibile a Tiberio. Ed infatti il soprintendente De Franciscis spiegò che il fatto che le statue non avessero le gambe era perché le stesse erano appoggiate sulla roccia lungo i lati della Grotta ed affioranti dall’acqua a partire dalle ginocchia, così come dimostrato anche dal ritrovamento della terza statua del 1976 che in condizioni di conservazione sicuramente migliori, era anche essa senza gambe.